Qualche tempo fa stavo parlando con una ragazza e ad un certo punto il discorso si è spostato su una conoscenza un comune, carissima amica della ragazza con cui stavo parlando, che ha perso il fidanzato in un incidente ormai quasi un anno fa.
Dicevo che avevo visto delle foto di questa conoscente insieme a un ragazzo ed ero contenta di vederla finalmente serena e sorridente.
La ragazza con cui stavo parlando ha commentato la cosa con sí, era una cosa carina "però non è passato neanche un anno".
Io sono stata zitta però ci ho riflettuto tanto.
Davvero un sacco.
Sono arrivata alla conclusione che siamo ossessionati dal tempo così com'è scandito.
Settimane giorni mesi...
E finalmente il primo traguardo in ogni attività: l'anno.
Dopo un anno una storia si può definire storia.
Chi ripone fiducia in 2 che stanno insieme da 11 mesi?
E infatti i mesiversari non si cacano più dopo l'anno.
Dopo un anno di qualsiasi cosa, sei socialmente accettato.
Quindi se hai vent'anni e il tuo ragazzo muore improvvisamente non devi ritrovare il sorriso prima dei 365 giorni altrimenti l'hai fatto troppo presto.
Se lo ritrovi nel 366esimo giorno non fa niente.
Anche perché a quel punto nessuno ci pensa più.
Personalmente non credo ci sia un pulsante che faccia scomparire il dolore dopo un anno o dopo qualsiasi etichetta temporale.
Ci sono vuoti che semplicemente nessuno potrà mai colmare, ma non c'è niente di male se qualcuno si siede su un'altra sedia per farci sorridere.
Vivere non è un peccato.
Vivere Non È Peccato
Pubblicato da
La Ragazza Che Scriveva Troppo
on lunedì 26 settembre 2016
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1 commenti:
È assurdo calcolare in ore, giorni, mesi, o anni le gioie e i dolori!
Ciao felice giornata, un abbraccio
enrico
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