- Non prende mai lui l'iniziativa.
- Risponde in ritardo o non risponde a messaggi e telefonate.
- Non sei la sua priorità.
- Non ti fa entrare nella sua vita, tiene tutto a compartimenti stagni.
- Ti cerca spesso all'ultimo per vederti (e magari per andare a letto insieme).
- Quando ci sono altre persone non ti presenta mai come persona con cui è in relazione.
- Flirta con altre persone, anche sui social.
- Quando hai bisogno di qualcosa se ne frega.
- Non fa con te progetti a lungo termine.
- Trova scuse per non vederti.
- Ti paragona alla ex (magari anche in modo negativo).
- È poco affettuoso nei tuoi confronti, non dimostra affetto.
- Sei sempre al secondo posto.
- Talvolta è irriverente e offensivo nei tuoi confronti.
- Dopo il sesso è insofferente.
- È emotivamente chiuso.
- È poco sensibile verso di te.
- Il tuo sesto senso dice che non è la persona giusta per te.
- Non si prepara per te, si trascura quando ti deve vedere.
- Ti dice che non sei una relazione seria.
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- Si prende cura di te, non solo fisicamente, ma anche mentalmente.
- E' una persona coerente: ciò che dice fa e ciò che fa dice.
- Vicinanza, ha voglia di passare del tempo con te, di fare cose insieme, ti sta vicino nei momenti di difficoltà.
- Condivide con te le cose belle e i suoi successi, non se le tiene per sé isolandosi da te.
- Gestisce adeguatamente le finanze: se ha debiti, gioca d'azzardo e non sa gestire le finanze, in una relazione stabile si possono avere degli importanti problemi che non porteranno mai a nulla di buono.
- Ti fa sentire desiderabile, ti desidera, vuole stare fisicamente con te.
- Tiene conto sinceramente del tuo pensiero, si interessa a ciò che fai e dici, al tuo modo di vedere la vita.
- Ti ascolta con attenzione.
- Avete una visione della vita condivisa, la condivisione dei valori della vita.
- Tiene conto dei tuoi sentimenti nel prendere le decisioni.
Brava
Mi sono sempre distinta per bravura a scuola, non per popolarità simpatia o sex appeal.
Sono arrivata in prima elementare che sapevo già scrivere e leggere in stampatello maiuscolo e minuscolo.
Ero più avanti degli altri bambini e ne andavo fiera, non da diventare snob, ma dentro di me forse un po’ lo ero.
Crescendo ho capito che non era normale avere la maestra che ci metteva le mani addosso, ma allora, essendo il primo approccio al mondo scolastico, sembrava normale.
Capelli tinti rosso fuoco, naso adunco come quello di una strega, mani lunghe, magre, affusolate che colpivano i miei compagni ogni volta che facevano qualcosa che non andava.
Io sono sempre stata una brava bambina e non le ho mai dato motivo di colpirmi fino a un giorno, l’unico in cui anche io sono stata colpita dietro la nuca da un suo colpo.
Mi aveva poi chiesto scusa in quanto mi ha spiegato che mi ha colpito in quanto innervosita da il comportamento di un altro bambino e, per non prendersela solo con lui, quando ha letto sul mio quaderno una parola scritta con una doppia sbagliata è impazzita e mi ha colpita.
Io, sempre stata estremamente sensibile, ci sono rimasta estremamente male, ferita nel profondo.
A ferirmi probabilmente non è stato solo il colpo arrivato da dietro all’improvviso, ma tutto quello che c’era dietro e le urla che mi sono arrivate addosso.
Ho sempre odiato essere sgridata, ho sempre odiato quando qualcuno mi urla addosso.
Forse è un problema mio, del mio cervello, forse quell’episodio è stato di aiuto in questa cosa, ma ho sempre avuto problemi con le doppie. Per quanto possano dire che si sente recitando le parole ad alta voce, io non ho mai sentito una differenza di pronuncia così palese nelle parole con le doppie meno usate nella vita di tutti i giorni (e anche su quelle, ogni tanto, assale qualche dubbio).
La maestra di Matematica, invece, era una specie di folletto, o almeno così mi è sembrata le ultime volte che l’ho vista su un autobus molti anni dopo. Con i capelli corti e neri, una corporatura esile anche per la sua bassa statura (sembra una prerogativa delle insegnanti delle scuole di primo grado essere basse, o sbaglio?), aveva ben poco di femminile. C
he io abbia saputo non aveva figli, però aveva tutti noi, suoi studenti, e con lei ho iniziato, credo, a dare libero sfogo alla mia fantasia in quanto si occupava di farci fare anche tutti quei lavoretti che di solito i bambini portano a casa durante le feste.
La mia vena artistica si è presentata in prima elementare quando ho partecipato a un concorso scolastico di pittura.
Non mi ricordo se c’era un tema di fondo o era a tema libero.
Avevo disegnato un acquario o uno stralcio di vita marina.
Acqua che scorreva con le sue sfumature più chiare o più scure e tanti pesciolini che nuotavano felici nella corrente.
Ovviamente il disegno era grezzo, semplice, il disegno di una bambina di sei anni, ma tanto era piaciuto ai giudici che avevo vinto il primo premio di quel concorso portandomi a casa un paio di pattini a quattro rotelle e, mi sembra, la cassetta VHS dei Pokemon.
Se c'è qualcosa su cui puntare, quello siamo noi stessi
Pubblicato da
La Ragazza Che Scriveva Troppo
on giovedì 2 aprile 2020
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Confessioni,
La Ragazza Che Scriveva Troppo,
Quarantena
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Confesso che è da un po' che non scrivo più.
Un bel po'.
Più di quanto sembri.
Ho così tanti scritti in bozze che, in qualche modo, potrei continuare a pubblicare per un po' vivendo, se così si può dire, di rendita.
Ma una parte di me fa resistenza anche in questo.
Non capisco cosa sia, non capisco il perché.
Fatto sta che prima stavo così male e nella scrittura trovavo il mio unico modo di sfogarmi, di tirare fuori ciò che avevo dentro, di fare ordine nella mia testa e nel mio cuore.
Non riuscivo ad aprirmi e a parlare con qualcuno di senziente e trovavo nella carta e nella penna il mio più valido alleato.
Una parte di me, lo ammetto, ha paura di non esserne più capace.
Una parte di me teme, anzi, ha fottutamente paura di non riuscire più a scrivere.
Non so, anzi, non sento più quel flusso di pensieri a volte concreto, ma sempre filosofeggiante, che con parole che fluivano, che sgorgavano dal cuore per sentirsi meglio e che, in un modo o in un altro, magari avrebbero portato qualcosa anche nella vita di chi avrebbe letto, se qualcuno avrebbe mai letto,
Confesso che sono partita a scrivere e ho continuato a scrivere sempre e solo per me.
Non so se sia egoista, non so se sia sciocco, ma ogni volta che mi sono messa a scrivere l'ho fatto per me, perché me lo sentivo, perché sentivo che mi avrebbe fatto stare meglio.
Non so neanche se qualcuno davvero si metta a leggere ciò che scrivo.
La maggior parte delle volte, se non quasi sempre, quando scrivevo erano parole piene zeppe di emozioni, di sentimenti che non riuscivo a tirare fuori in altro modo.
Ero sempre così piena di rabbia, di tristezza, ma a volte anche di speranza.
Non so se non scrivo più perché non sento più quelle sensazioni, quelle emozioni forti che provavo, diciamo, quando ero più "giovane".
Anche se non ha molto senso: vi confesso che ho sofferto molto e ho anche gioito molto in questi anni.
Perché sì, si parla di anni, mi pare, anni in cui non scrivo niente di nuovo.
Dov'è finita "La Ragazza Che Scriveva Troppo".
Sto andando avanti a studiare, sto lavorando, mi tengo impegnata con molte attività (dopo anni mi sono finalmente iscritta in piscina, nonostante quasi metà corso sia saltato da inizio quarantena).
E se ci riprovassi?
Nessuna promessa, né con me né con nessun altro, ma se riprovassi a mettere giù qualche parola? Qualche pensiero?
Ultimamente ho puntato forse più sulle persone, sulle chat anche, mezzo di cui non vado matta e i cui messaggi, più che altro, trasformo in missive.
Forse non sono state del tutto sprecate quelle parole, ma sarebbe bello anche conservarle e condividerle qui in modo che, motivo per cui questo spazio è nato, io abbia sempre uno specchio in cui affacciarmi, conoscermi e riconoscermi, capire e capirmi oltre che evolvermi, possa anche un domani ritrovarmi e sapere dove farlo.
Perdiamo tanto tempo nella nostra vita, se c'è qualcosa su cui puntare, quello siamo noi stessi.
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